“Santa Lucia, la cchiù longa nuttata chi ci sia”.
Dopo la Festa dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre, e in attesa dell’evento religioso più atteso dell’anno, il Santo Natale, in Sicilia si celebra un’altra Santa molto amata, Santa Lucia, che si festeggia il 13 dicembre. Lucia da Siracusa è la Santa protettrice degli occhi, dei ciechi, degli oculisti e degli artigiani che lavorano la pietra e viene invocata contro ogni malattia che riguardi gli occhi, come ad esempio un orzaiolo che sta mettendo a dura prova il mio occhio sinistro. 😉
Particolarmente sentita a Siracusa, che diede i natali alla Santa nel 283 d.C., dove le celebrazioni si svolgono per diversi giorni con processioni e momenti di preghiera che coinvolgono l’intera cittadinanza, la Festa di Santa Lucia è una tradizione che si ripete ormai da secoli, come raccontava lo scrittore viaggiatore Pietro della Valle già nel 1625, facendo una descrizione dettagliata dei riti religiosi e delle usanze del tempo: dalla processione del simulacro argenteo del 1599, caratterizzato da elementi simbolici come il piatto con gli occhi nella mano destra, e il giglio e la palma nella mano sinistra, ai momenti di gioco e divertimento, con canti, banchetti, giostre di cavalieri e palii. Ancora una volta una celebrazione popolare che in Sicilia unisce sacro e profano, tra devozione e tradizioni culinarie.
Ancora oggi tanta devozione è dovuta alla memoria per il martirio della giovane Lucia, vittima delle persecuzioni dei cristiani sotto l’imperatore Diocleziano, e uccisa per decapitazione, ma anche al ricordo di un evento tragico, una terribile carestia che colpì nel 1646 la città di Palermo e che, secondo la credenza religiosa, si risolse per intercessione della Santa con l’arrivo al porto di un bastimento carico di grano. In presenza di quel miracolo attribuito alla Santa, il popolo affamato e ormai allo stremo si cibò direttamente del grano semplicemente bollito e condito con olio e sale. Da qui deriva l’usanza di non consumare pane e pasta, e mangiare invece la tradizionale “cuccìa” per Santa Lucia, e altri piatti tipici come arancine e panelle.
Cuccìa
La cuccìa è un dolce tradizionale siciliano a base di grano bollito (una varinate prevede anche i ceci), preparato, soprattutto nelle zone di Palermo e Siracusa, in occasione della Festa di Santa Lucia il 13 dicembre. Il grano bollito viene condito con crema di ricotta mescolata a gocce di cioccolato e capelli d’angelo (zucca candita tagliati a strisce sottili). In alternativa il condimento può consistere in crema di ricotta vaccina, o crema di latte o al cioccolato, o con l’aggiunta di vin cotto.
Arancine
L’arancina o arancino, a seconda della regione siciliana in cui viene preparata, è una sfera di riso allo zafferano fritta della grandezza di un pugno. A Catania ha una forma vagamente conica che si dice prenda spunto dalla silhouette del monte Etna. Il ripieno può variare: sono famosissime le arancine al burro, mozzarella e prosciutto cotto oppure quelle al ragù, piselli e caciocavallo. Questa specialità è inserita tra i Prodotti Agroalimentari Tipici (PAT) tutelati dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ed è un vero capolavoro di gusto e raffinatezza del cibo da strada siciliano, lo street food più sano e buono al mondo. Chi scrive è un vero e proprio cultore di questa e di tutte le altre opere d’arte partorite dall’impareggiabile ingegno culinario siciliano.
Panelle
Un altro “caravaggio” dello street food siciliano è la panella, tanto semplice nel concetto quanto delicata e unica nel gusto. La genialità sta nella semplicità. Si tratta di un impasto a base di farina di ceci, con aggiunta di acqua prezzemolo, sale e pepe, che viene cotto, poi schiacciato e tagliato a formare quadrotti o semicerchi. Vengono poi fritte in olio di semi e gustate ancora calde con una spruzzata di limone, consumate da sole o nelle mafalde (panini tondi e morbidi) per il classico “pane e panelle”, a volte accompagnate alle crocché di patate, altro tipico cibo di strada siciliano. La farina di ceci e la frittura donano alle panelle qual particolare colore dorato, e alla croccantezza della superficie esterna si contrappone la morbidezza della parte interna. La preparazione può risultare semplice, anche negli ingredienti, ma il gusto è decisamente sorprendente per intensità e particolarità. Non c’è angolo della Sicilia dove non siano servite come antipasto o non sia possibile gustarle nei chioschi dei “panellari” e nelle tipiche friggitorie che caratterizzano l’isola.
Buone Feste a tutti!